GTrack 2018: Olla's Way

E se qualcuno volesse ispirarsi dagli appunti del cicloturista più geografico, più filosofico, più girovago, più attrezzato e più "on the road" di tutto il circus del trail sardo, eccoci: Stefano Olla.

Il GTrack, endurance in mtb della Gallura, come tutto ciò che viene dalle montagne del nord-est della Sardegna, esercita su di me un'attrazione irresistibile perché è lontana e per questo sono più rare le occasioni di visita. È vero, ho saltato la prima edizione, ma mi sono tenuto libere le date per quest'anno, scegliendo, come giusto compromesso tra godimento e distanza, di partecipare in modalità “media”. Notare le virgolette sull'aggettivo “medio”; queste basette che ornano la parola sono quanto mai appropriate dato che, appena alla vigilia della partenza, il chilometraggio annunciato è schizzato dagli iniziali 220 chilometri ai 270 che poi dovremo percorrere. Il prossimo livello dei track in Sardegna potrebbe essere l'iscrizione con distanza a sorpresa.Anche senza avere partecipato a GTrack-2017, un'idea del campo di gioco è facile farsela. storie olla 03Conoscendo la Corsica e le sue montagne, la Gallura sembra esserne un pezzo distaccato in Sardegna. Qui le due isole sembrano separate solo da un vallone un po' più profondo degli altri, le Bocche di Bonifacio, solo riempito di acqua. Qui, è il regno del granito, dei piccoli massicci isolati che possono essere affrontati per salite spaccagambe che poi ti lanciano verso il basso per discese precipitose in proporzione. Qui, infine, a parziale bilanciamento di un profilo altimetrico impietoso, acqua e foreste sono più frequenti che nel resto della Sardegna, e possono garantire un minimo livello di consolazione a chi affronta i percorsi galluresi anche con il caldo.
Giovanni, l'animatore del GTrack, lo Skipper della Ciurma che ci ha condotti a navigare in questo mare di granito, prometteva percorsi di paesaggio, fatti per pedalare e per godere. Per poco che conosco Giovanni, sempre trascinante nella sua positività, non ho potuto che dare fede alle sue rassicurazioni. Detto in modo più diretto: ho abboccato come un pesce. Bisogna dire che alla pubblicazione del percorso, pochi giorni prima della partenza, l'esame della traccia sulle ortofoto lasciava ben sperare: le linee seguivano quasi sempre carreggiate ampie ed evidenti, strade di collegamento tra gli stazzi che punteggiano il paesaggio gallurese, raccordate da tratti su asfalto, con rare evidenze di mulattiere o sentieri. Però, solo a ragionare sul dislivello totale, praticamente il doppio di quello incontrato al MyLand o al MiningTrail sulle distanze omologhe, c'era da insospettirsi. E ho già detto di come la Gallura sia garanzia di grandi pendenze.
Comunque ci siamo trovati ed eravamo in tanti, almeno per i numeri che possiamo sviluppare in Sardegna. Partiamo che siamo oltre cinquanta e ormai iniziamo a conoscerci tra di noi. Molti sono anche al debutto nel mondo del trail e sembra proprio che, a dispetto di tante difficoltà, la loro presenza stia crescendo. C'è da dire infatti che, anche se ci sono i check point (CP, alcuni quasi “a quattro stelle”, sempre con la possibilità di lasciare rifornimenti e supporto dove risulta più opportuno), i trail sardi sono mediamente più severi di molti tra quelli più famosi che si possono affrontare nel resto d'Italia. Gli incontri, i saluti e l'entusiasmo che si condivide nelle ore che precedono la partenza sono un carburante che tornerà utile sulla strada.
Così partiamo allegri e spensierati da Tempio Pausania, al grido “GTrackers go!” che Giovanni lancia a passo di corsa, tenendo la bandiera dell'evento (semplicemente i Quattro Mori con la scritta “GTrack”). E tanto basta, si va.Ciascuno interpreta e vive a modo suo i trail in mtb: tra quelli “testa bassa e pedalare” e, all'opposto, gli altri che vivranno il percorso come una cicloturistica, si trova di tutto. Comuni a tutti saranno impegno ed emozioni, accompagnate da tanta fatica. Alla fine, si spera che ognuno avrà trovato ciò che stava cercando. Il mio progetto, come altre volte, è quello di muovermi da solo, in autonomia, coprendo la distanza maggiore il primo giorno e bivaccando fuori dai CP; in più mi piacerebbe evitare di viaggiare con il buio, proprio per godere del regalo che ci fanno Skipper Giovanni e la sua Ciurma offrendoci le chiavi della parte più nascosta di montagne e vallate che i più conoscono solo superficialmente.Il paesaggio della Gallura ha le sue peculiarità . Incendi e deforestazione ne hanno spogliato larghi tratti, ma si pedala quasi sempre al limite o in mezzo a boschi di sughere. A volte sono foreste intricate, come in una giungla tropicale, dove liane, arbusti e cespugli lottano, arrampicandosi sugli alberi e a spese di questi, alla ricerca della luce. Altre volte è evidente la cura dei proprietari delle sugherete, con il sottobosco sgombro e gli alberi ordinatamente potati e allineati in filari (peccato solo che non abbiamo avuto la fortuna di vedere da vicino l'estrazione del sughero, che deve attendere un clima più favorevole).

storie Olla03Tra gli onnipresenti rimboschimenti, quando saliamo a Vallicciola, il cuore del Limbara, si viene sovrastati da alberi monumentali e altissimi, cedri e perfino sequoie; una tregua di ombra e fresco nell'interminabile salita iniziata a Berchidda. Muretti e cancelli si trovano dappertutto e non manca di vedere cancelli senza muretti. Delimitano terreni più spesso abbandonati che curati, ma non si può che ammirare, quando lo si vede, il lavoro sui vigneti, sui rari oliveti e sui pascoli. Tante e ben curate sono le piccole vigne familiari, ma l'eleganza delle grandi tenute, come Siddura, dove passiamo dopo avere lasciato Luogosanto, fa capire che queste aziende hanno capito come mettere a frutto le caratteristiche più profonde delle loro terre. Invece, l'assenza che si nota è quella delle pecore, immancabili punteggiature del paesaggio in tutto il resto dell'Isola: qui si vedono ovunque al pascolo bovini di razza Limousine, robuste promesse a quattro zampe di future bistecche. Intorno il lavoro di taglio del fieno è quasi frenetico, con la minaccia della pioggia; se ne sente l'odore per lunghi tratti, dopo essere scesi dal Limbara e fin dopo Luras e poi, ancora, prima di Aggius. Nei trail la programmazione sarebbe anche importantissima: logistica, riposo e alimentazione, ma anche probabile lunghezza delle tappe, ritmo di marcia ed eventuale progressione notturna. La scelta di come e quanto pedalare di notte è molto importante. Il se non è in discussione, dato che per tante ragioni i trail con la partenza collettiva difficilmente iniziano prima della tarda mattinata. Potendo scegliere, su simili distanze la partenza alle prime luci del giorno sarebbe invece la scelta individuale più razionale per tutti. Ma l'endurance è una prova nel senso più largo del termine e quindi, volenti o no, di notte si finisce per pedalare. Questo può avere anche i suoi aspetti piacevoli, ma è anche vero che la fatica e la tensione si sentono ancora di più, specie procedendo da soli. Alla fine del primo giorno il buio cala al limitare di un bosco.
Arriva in un momento in cui il rabbocco della borraccia sta diventando urgente. Per cercare la sorgente (wp “Fonte 13”) mollo la bicicletta e a piedi prendo la direzione del waypoint, seguendo una traccia che finisce per perdersi in mezzo agli alberi.
Quando inizio a essere un po' dubbioso sulla precisione dell'indicazione, fortunatamente la voce dell'acqua che esce da un tubo mi guida ancora per un breve pezzo fino al rifornimento. Ripartito, la salita prosegue implacabile (sarà la più lunga della giornata) e al buio, sotto gli alberi, non si capisce dove finirà. Quando non si spinge a piedi, esiste solo il giro di pedale sul momento, cercando di dimenticare lo sforzo fatto fin lì e di ignorare quello che ancora resta da fare.
La discesa rompe questa bolla di fatica e posso vedere dove mi ha portato la traccia: è una terrazza sulla linea che separa la Gallura dal Logudoro, dove si vedono, all'estremo della piana di Oschiri, finalmente, le luci di Berchidda. Cancellare “finalmente”: sul più bello di una lunga e veloce discesa, la traccia (a questo punto una creatura diabolica, luminescente, che mi comanda e dispone della mia volontà a proprio capriccio), rimbalza poco prima di arrivare all'asfalto e punta ancora nel buio di altri valloni. Il paesaggio brullo aiuta a distinguere le creste e a stimare le distanze; per un po' gioco a indovinare la distanza percorsa, ma ogni volta che controllo il gps mi sembra di essere rimasto inchiodato per un lasso di tempo interminabile all'intorno degli otto chilometri; questo gioco si sta facendo pesante.
Un ultimo tratto risale parallelo ad un corso d'acqua che scorre poco sotto. Sull'altro versante di una stretta valle, a un tiro di voce, vedo le luci di altri due equipaggi con i quali ci siamo incrociati più volte; mi avevano staccato di un po' e rivederli così vicini mi fa pensare che il passaggio di sponda non sarà semplice e all'asciutto su un ponte. Infatti il guado è obbligato e si presenta come una specie di pozzo: stretto e profondo. Passata la mezzanotte, buttarsi nell'acqua fino alle ginocchia non ha lo stesso gusto che farlo sotto il sole del primo pomeriggio e tenersi asciutte le scarpe a questo punto è una priorità. Per fortuna si arriva in breve all'asfalto e da qui restano da fare solo quattro chilometri per arrivare al CP. A questo punto meriteremmo un liberatorio “tutta discesa”, ma un ultimo dente sul profilo altimetrico corrisponde al superamento della spalla del Monte Acuto: niente sull'andamento generale della giornata, ma ora fa venire voglia di buttare la bicicletta in un fosso e finirla lì. storie olla 04
La sagoma perfetta del Monte Acuto incombe nell'oscurità, illuminata da dietro dalla luna. È evidente la ragione del nome “Acuto”, ma per me me, ora, è solamente la sintesi (geo)grafica delle ripide salite di questa prima giornata del GTrack. È passata l'una quando arrivo al CP. In tanti condividevamo l'idea di arrivare qui verso le 21. Ambizioni ridimensionate per molti anche di diverse ore dopo salite apparentemente interminabili, dove si spingeva tanto e le discese erano spesso abbastanza insidiose da non permettere di recuperare in velocità.
Nei fatti il CP di Berchidda diventa “cancello”: lo scoglio dove approdano i primi naufraghi del vasto mare di granito, i ritirati. In molti ci ritroviamo frastornati dalla fatica, incerti su come interpretare la prova che abbiamo superato, ancora distanti dalla metà, per non parlare della mèta. Non c'è che da prendere atto della severità del percorso e accettare l'offerta di rifugio per la notte: cibo, doccia e un angolo per stendersi.Avanzamento rapido della traccia, fino al tramonto della seconda giornata. Il secondo giorno il sole tramonta con una lentezza nordica. Non sono nordici gli odori: cisto, lavanda, fieno e ginestre restano ancora nell'aria con l'ultimo calore della giornata. Pedalo spedito sull'asfalto, lungo una strada deserta che per un buon tratto risale le sponde del lago del Liscia. Approfitto fino all'ultimo del prolungato chiarore del cielo e poi, fidando sulla regolarità della strada, procedo ancora nel buio, la vista che si abitua all'oscurità. Solo quando arriva una macchina accendo il faretto. Dopo che si perde anche il suono del motore, resto da solo nel silenzio, con il cono della mia luce che chiude ogni contatto con il resto del mondo. Paradossalmente il faro non rischiara ma risucchia letteralmente la realtà. Passano altre due automobili e poi per un lungo tratto non una luce, non un rumore e neppure animali; nemmeno il rassicurante riverbero di luci urbane in lontananza: intorno un buio totale e mi sento come sospeso nel vuoto, al limite di una terra di nessuno, accompagnato solo dal ronzio delle ruote sull'asfalto. Sotto vuoto, spingo. Pura navigazione strumentale: un occhio alla traccia, l'altro al limite della luce che mi precede di poco sulla strada. Più che a pedalare sono impegnato a tenere sotto controllo l'onda dei fastidi di fine giornata e le sensazioni negative che inesorabilmente montano dalla punta dei piedi fino alla cima della testa. Si può scoprire che pedalare di notte da soli può far prendere strade impreviste e sconosciute, non necessariamente reali, non necessariamente piacevoli. Con tutte le buone intenzioni, mi chiedo come sono finito qua, in una notte così nera, a ridosso delle giornate più lunghe dell'anno, proprio quando è ancora possibile girare di giorno senza finire seccati al sole come dei baccalà. E, in questa oscurità, ignaro di tutto ciò che mi sta intorno, ancora non capisco dove stia questo maledetto paese con la santità nel nome, annunciato dai cartelli stradali ma perso nella notte.
Quando a mezzanotte arrivo al CP di Luogosanto, sono passate appena tre ore dal tramonto, ma mi sento come se ne fossero passate molte di più. Il buio in Gallura non è molto diverso dal buio di qualunque altro posto. Ma le giornate erano comunque lunghe e tanto si è potuto vedere di questo mare di granito. Non che queste rocce si trovino solo qui. Il punto è che da queste parti sembrano non finire mai, un tutt'uno con il verde delle foreste che le avvolgono. Gli stazzi, casolari isolati, spesso abbandonati, compaiono da lontano come una delle forme naturali di questo paesaggio. Antri primitivi (le “conche”) sono ricavati nei tafoni, chiudendo gli spazi naturali cpn dei semplici muretti a scecco. Le forme sempre diverse delle rocce, appunto come in un mare, si presentano nei modi più fantastici, di dimensioni a volte impressionanti, isolate o in lunghe catene. Ci sono momenti in cui si pedala per lunghi tratti con il naso per aria, smettendo per ammirare ora la testa di Richard Nixon, ora le orecchie di un gatto, oppure Garibaldi seduto con il suo poncho e il berretto, o invece un pastore che dorme. Figure che svegliano e portano a giocare una parte bambina nell'anima.
E l'anima, anche questa volta, ringrazia.In agenda c'è già un ritorno in Gallura, magari anche prima del prossimo GTrack che cercherò di non mancare. Intanto grazie a Skipper Giovanni e alla Ciurma. Così: un unico grande abbraccio senza dovere ricordare un momento particolare. Sarebbe un'ingiustizia verso tutti gli altri momenti, perché è stato tutto superlativo.

storie olla 02

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